«La contaminazione ambientale associata ad una apparente insufficiente adesione alle procedure di igiene delle mani, al possibile utilizzo anche dell’acqua di rete, sia da operatori che da familiari, quale alternativa alla soluzione alcolica per l’igiene delle mani e all’impiego dell’acqua da impianto idrico anche per altre procedure che riguardano la gestione dei neonati, sono probabilmente le concause che hanno portato alla diffusione, tramite contatto diretto e indiretto, del patogeno, alla colonizzazione dei pazienti e allo sviluppo di infezione invasiva.»
Pubblichiamo integralmente quanto indicato nelle Conclusioni della Relazione Commissione Ispettiva Regionale degli eventi avversi per Citrobacter presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona (AOUIVR). Sono 52 le pagine che accompagnano la corposa relazione della Commissione, che non lesina puntuali critiche e richiami all’operato del reparto TIN (terapia intensiva neonatale) e TIP (terapia intensiva pediatrica) dell’Ospedale Donna e Bambino di AOUIVR, tacciato di «mancanza di una coerente visione multidisciplinare clinica ed epidemiologica del problema» e di «sostanziale carenza di cultura infettivologica e di conseguenza di programmi di antimicrobial stewardship».
4. Conclusioni.
«Dall’analisi dei dati ricevuti si evince come si sia verificato un evento epidemico all’interno della TIN e TIP dell’Ospedale Donna e Bambino di AOUIVR di infezioni da Citrobacter koseri. Considerando il periodo a partire dall’apertura dell’Ospedale Donna Bambino (01/04/2017 al 17/07/2020), sono stati identificati 91 soggetti positivi per Citrobacter koseri (88 positivi alla ricerca diretta dell’agente microbico, 2 casi con positività su indagini molecolari ed 1 positivo ad entrambe le indagini). Complessivamente 9 pazienti hanno sviluppato una patologia invasiva causata da Citrobacter koseri classificabile come certa o altamente probabile. Il 72,8% dei pazienti positivi per Citrobacter koseri, sono pazienti ricoverati in Terapia Intensiva Pediatrica o in Terapia Intensiva Neonatale, dove a partire da gennaio 2020, oltre alle indagini microbiologiche richieste per motivi clinici, è stato avviato anche uno screening per specifico dei soggetti presenti.
Il primo evento si è manifestato nel novembre 2018. Nel corso del 2019 non vi sono state effettuate segnalazioni che abbiano permesso l’identificazione del problema, tanto che nelle periodiche riunioni del CIO tale tematica non è mai emersa nonostante i 3 casi manifestatisi nell’ospedale donna bambino (aprile, agosto e ottobre). Durante il 2019 sono state condotte ricerche microbiologiche, eseguite su campioni inviati alla microbiologia presumibilmente per rispondere a quesiti clinici. A partire dal Gennaio 2020, a seguito di ulteriori 2 casi manifestatisi nelle prime due settimane di gennaio, è stata condotta una sistematica ricerca del microrganismo, avviando anche uno screening su soggetti asintomatici fino al 19/02/2020. La problematica è ricomparsa con un caso di patologia invasiva nel marzo del 2020 e con ulteriori due casi nel maggio 2020.
Le analisi molecolari, effettuate su campioni prelevati da alcuni pazienti positivi per Citrobacter koseri, hanno rilevato la presenza di un cluster epidemico.
Esiste l’evidenza di una mancanza di comunicazione ad Azienda zero e Regione Veneto degli eventi come stabilito dalle Direttive Regionali e Nazionali, infatti le informazioni degli eventi sono inizialmente state apprese esclusivamente da mezzi mediatici. La relazione richiesta da Azienda Zero il 02/12/2019 e pervenuta alla stessa in data 11/12/2019, conclude con la constatazione dell’assenza di colonizzazioni dello stesso microrganismo in altri neonati, la negatività di colture ambientali e la contestuale presenza di procedure specifiche nella Terapia intensiva neonatale finalizzate alla prevenzione delle infezioni ospedaliere. L’assenza di qualsiasi comunicazione all’Azienda Zero da parte dell’AUOIVR, inerente ad eventi epidemici, perdura fino alla mail del Risk Manager AUOIVR del 22/06/2020. Si sottolinea come tale comunicazione sia successiva alla costituzione della presente Commissione.
Inoltre, si osserva che nessun episodio sia stato considerato meritevole di essere segnalato come evento sentinella come invece previsto dal flusso ministeriale SIMES e come puntualmente esplicitato dalla DGR 2255/2016 (“n. 16 “Ogni altro evento avverso che causa morte o grave danno al paziente”). Il gruppo interdisciplinare nel periodo dell’emergenza da Citrobacter koseri discute analiticamente il problema a partire dal 14/01/2020. Da tale data si iniziano le azioni di contenimento, l’avvio della sorveglianza e le rilevazioni ambientali specifiche effettuate dalla Microbiologia Clinica. Il CIO si è nuovamente incontrato il 04/02/2020 a seguito della rilevazione di una nuova positivizzazione. Si interrompe la ricerca dei colonizzati, verosimilmente in relazione alla necessità di adattare le attività di laboratorio alle urgenti problematiche diagnostiche correlate alla pandemia COVID. La stessa riprende a maggio 2020. Da maggio 2020 si rileva un aumento degli isolamenti di Citrobacter koseri nella terapia intensiva neonatale.
La ripresa della screening dimostra come persista una elevata circolazione del batterio tra i neonati ricoverati in TIN (nei primi 5 mesi del 2020 sono stati interessati il 33,6% dei neonati e, in alcuni momenti, come riportato dai verbali, il coinvolgimento ha riguardato il 75% dei soggetti ricoverati). A partire da maggio 2020, nei reparti interessati dalla circolazione del Citrobacter koseri, vengono inoltre attuate una serie di misure preventive e organizzative che non portano tuttavia alla risoluzione del problema.
L’AOUIVR decide pertanto la non accettazione di gravidanze a rischio a partire dal 22/05/2020 nell’ospedale donna e bambino. Non è noto quali informazioni e quale modalità di comunicazione siano state effettuate verso i familiari dei neonati coinvolti.
L’attenzione ad una corretta comunicazione con i familiari e l’informazione precoce della presenza di un evento epidemico, reiterando le necessarie misure educazionali preventive sono raccomandate anche in letteratura (M. Anthony et al. Arch Dis Child Fetal Neonatal Ed. 2013 Nov, 98 (6) F549-53). I neonati di basso peso alla nascita sono ad elevato rischio di infezioni correlate alle pratiche assistenziali e la contaminazione dell’ambiente, dell’unità paziente e in ultima analisi delle mani del personale in assistenza rappresenta probabilmente il fattore “estrinseco” più importante.
Su questi aspetti, dalla documentazione fornita si evince che nella Terapia Intensiva Neonatale il volume di prodotti ad uso di soluzione alcolica per l’igiene delle mani è stato al di sotto degli standard minimi OMS (20 l/1000 giornate di degenza) nel 2018 e poco al di sopra di questo livello nel 2019. Analoghe considerazioni possono essere fatte per la Terapia Intensiva Pediatrica. Questi valori non possono comunque essere considerati sufficienti data la tipologia di pazienti gestiti. Infatti il valore di riferimento OMS ha una valenza hospital-wide, ma non è accettabile in ambito intensivistico. Esaustiva in tal senso è un’indagine multicentrica relativamente recente, coinvolgente 395 terapie intensive europee, che ha rilevato un consumo mediano di gel idroalcolico pari a 66 L/1000 giornate di degenza, con range compreso tra 33 e 103. (Hansen S et al. Clin Microbiol Infect 2015; 21: 1047–1051). Peraltro uno dei pochi studi disponibili in letteratura sul consumo di gel alcolico per l’igiene delle mani in una TIN riporta consumi tra i 42 e i 79 l/1000 giornate di degenza, valutati su base trimestrale, valori da 2 a 4 volte superiori a quelli indicati dall’OMS come standard minimo (Tatarelli P et al J Prev Med Hyg. 2016;57(4):E185-E189).
Le analisi ambientali nell’ultima settimana di giugno 2020 hanno rilevato la presenza di Citrobacter koserisui rompigetto di alcuni rubinetti all’interno della TIN e TIP e sulle superfici interne ed esterne dei biberon, utilizzati da due neonati risultati precedentemente positivi per Citrobacter koseri. Inoltre, le indagini di caratterizzazione molecolare hanno evidenziato una correlazione tra gli isolati dai pazienti coinvolti nell’outbreak e quelli ambientali su rompigetto e biberon, definendone l’appartenenza ad un unico cluster.
Come riportato nelle procedure sulla modalità per il campionamento, descritta dalla coordinatrice infermieristica, in due campioni risultati positivi, il prelievo sulla parte esterna del biberon dovrebbe essere stato effettuato prima del contatto con il bambino (che presentava già positività per Citrobacter koseri). Si ipotizza pertanto una contaminazione secondaria dei biberon, verosimilmente correlata a procedure non corrette di gestione degli stessi. Dalle indagini effettuate su acqua sono state rilevate alcune positività per Pseudomonas aeruginosa, e si osservano referti con crescita di colonie batteriche a 22° C e a 37°C. Tale parametro, seppur di scarso significato sanitario, è utile per valutare l’efficacia del trattamento dell’acqua.
All’interno delle procedure ed istruzioni operative della TIN e TIP, relativamente alla prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, si osservano indicazioni per procedure che prevedono l’utilizzo di acqua di rete. Non è noto se tali procedure siano state aggiornate già successivamente al riscontro di Pseudomonas aeruginosa e di altri agenti infettivi nell’acqua di rete (dai verbali viene riferito il riscontro di positività per Pseudomonas aeruginosa già a maggio 2020).
Per l‘igiene delle mani, non è noto se, in seguito al riscontro di positività di inquinanti ambientali su acqua, siano state formalizzate specifiche indicazioni per l’uso esclusivo di soluzione alcolica, sia per operatori sanitari che per i familiari in ogni circostanza possibile, prevedendo l’uso delle soluzione alcolica anche dopo eventuale lavaggio delle mani con acqua (M. Anthony et al. Arch Dis Child Fetal Neonatal Ed. 2013 Nov, 98 (6) F549-53).
Per le cure igieniche del bambino, nella specifica istruzione operativa è previsto l’impiego di acqua prelevata dal rubinetto dotato di filtro antibatterico, ma dall’analisi dei verbali risulta che i filtri antibatterici terminali siano stati posizionati solo a luglio 2020.
Non è noto, inoltre, se nelle UU.OO. considerate venissero eseguiti flussaggi periodici ai punti terminali di erogazione dell’acqua, come previsto da specifica procedura aziendale per la prevenzione della Legionellosi. Tali operazioni di flussaggio rappresentano uno strumento necessario anche per garantire la diffusione ottimale dei disinfettanti fino ai punti terminali dell’impianto.
Dalle informazioni raccolte non è possibile definire quando sia iniziata la contaminazione ambientale, sia per assenza di positività per Citrobacter koseri nelle indagini ambientali condotte fino a fine giugno 2020, che per impossibilità di effettuare indagini di genotipizzazione sui primi campioni risultati positivi sui pazienti. È possibile che la contaminazione ambientale si sia diffusa in modo incontrollato e, nonostante le azioni intraprese, abbia determinato l’importante incremento delle colonizzazioni dei pazienti.
La contaminazione ambientale associata ad una apparente insufficiente adesione alle procedure di igiene delle mani, al possibile utilizzo anche dell’acqua di rete, sia da operatori che da familiari, quale alternativa alla soluzione alcolica per l’igiene delle mani e all’impiego dell’ acqua da impianto idrico anche per altre procedure che riguardano la gestione dei neonati, sono probabilmente le concause che hanno portato alla diffusione, tramite contatto diretto e indiretto, del patogeno, alla colonizzazione dei pazienti e allo sviluppo di infezione invasiva. Infatti, il Citrobacter koseri, un enteropatogeno, in un contesto mediamente poco aderente alle misure comportamentali standard, può circolare in modo rilevante, indipendentemente dall’entità della contaminazione ambientale.
Queste osservazioni suggeriscono che il reparto si sia trovato di fronte ad una contaminazione a partenza ambientale che ha portato ad una diffusione del patogeno, con comparsa di infezioni invasive, con una iniziale sottostima e con il riconoscimento tardivo del problema da parte dei medici della TIN e con conseguente scarso coinvolgimento del Comitato Infezioni Ospedaliere almeno fino al 1° trimestre del 2020.
La mancanza di una coerente visione multidisciplinare clinica ed epidemiologica del problema è indirettamente testimoniata, dalla valutazione dei protocolli di terapia forniti. L’ultima versione degli stessi si riferisce al 2017, quindi tiene conto solo parzialmente dell’importante evoluzione dei fenomeni di farmacoresistenza e dei recenti aggiornamenti della definizione di sepsi, avvenuti nella realtà epidemiologica italiana ed al livello internazionale negli ultimi anni.
Analizzando tale documento, molto generico, si coglie al suo interno una sostanziale carenza di cultura infettivologica e di conseguenza di programmi di antimicrobial stewardship. Tale carenza è correlata verosimilmente all’assenza di una attività consulenziale strutturata e consolidata di tali specialisti all’interno della unità operativa. Ciò potrebbe avere avuto un ruolo non indifferente nella iniziale sottostima dell’evento epidemico che si andava sviluppando.».
Alberto Speciale