Cgil denuncia l’iniquità di tutta la filiera di gestione dei flussi migratori che poggia su una legge, la Bossi Fini, che “favorisce e talvolta istituzionalizza il lavoro precario, nero e il caporalato rappresentando allo stesso tempo una barriera all’accesso e alla esigibilità dei diritti civili e sociali e dei servizi pubblici da parte dei migranti”.
“Una tragedia – fa sapere il sindacato – quella consumata domenica in stazione, che è in buona parte il portato di questi processi di tutele negate, diritti ignorati, tentativi di integrazione respinti e frustrati. Come migliaia di altri migranti, Moussa aveva un lavoro, ma non era sufficiente per avere accesso ad una casa. Il futuro che cercava è rimasto imbrigliato nella burocrazia. Il suo disagio non è stato preso in carico.
Gli agenti appartenenti ad ogni corpo di polizia non dovrebbero essere messi nelle condizioni di sparare. Sono spesso esposti all’involuzione di una certa politica che si attiva soltanto sulla base di emergenze mediatiche trascurando il corretto dimensionamento degli organici e delle risorse a disposizione degli agenti; che propaganda le pene per vendette; criminalizza il disagio sociale e pesa la gravità dei reati per censo, etnia, religione e colore della pelle.
Porta una enorme responsabilità nell’ondata d’odio che si è abbattuta sulla città e sul Paese in questi giorni il ministro Salvini che ha condannato, a corpo ancora caldo, senza sapere chi fosse la vittima e quali le circostanze. Non è con la violenza che si deve rispondere all’odio ma con la lotta democratica per ottenere giustizia ed equità. La Cgil è a fianco di lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti, pensionate e pensionati, migranti, che si battono per un lavoro dignitoso, diritti esigibili, servizi pubblici efficienti”.