“Siamo con le risaie in asciutta, senza una goccia d’acqua da 20 giorni. Il riso è ingiallito. Se non viene dissetato entro 15 giorni morirà”.
I risicoltori del Delta del Po lanciano il grido d’allarme: nei 700 ettari coltivati a riso Carnaroli, Arborio e Baldo in Polesine la situazione è drammatica.
La siccità straordinaria e la risalita del cuneo salino stanno producendo danni gravissimi. Chi ha i campi vicino al mare ha già le piante di riso annerito e dovrà buttare via tutto.
Gli altri sperano nella pioggia, che martedì sera è arrivata in forma di grandine con chicchi grandi come noci. Risultato: danni a mais, granoturco, soia e barbabietole.
“Attendiamo con ansia la nomina del commissario per l’emergenza siccità – dice Antonio Bezzi, componente della sezione risicoltori di Confagricoltura Veneto e presidente del Consorzio risicoltori polesani, che conta una decina di grandi aziende di seminativi tra Porto Tolle, Taglio di Po e Porto Viro -. Abbiamo assoluta necessità che risolva il problema contingente, con il rilascio di acqua dai bacini montani. Siamo quasi alla disperazione: le risaie sono in asciutta, l’unica acqua che arriva è salata. Dal Consorzio Delta del Po non riceviamo più nulla da 20 giorni. I risicoltori vicino al mare hanno le piante annerite e possono dire addio al raccolto: è un mese e mezzo che non vedono risorsa idrica, perché la portata del fiume Po è talmente bassa che il mare entra e sala tutto. Il Comune di Porto Tolle ha installato un dissalatore, ma è solo a uso civile. Luglio è il momento più critico per il riso, perché fa tanto caldo e il riso ha bisogno di almeno 15 centimetri costanti di acqua. Quelli come me, che sono più lontani dal mare, possono resistere ancora un paio di settimane senza dissetare le piante, che sono già ingiallite e in stress idrico. Poi anche noi dovremo buttare via tutto”.
Ogni anno in Polesine vengono prodotte 5.000 tonnellate di riso del Delta del Po, che ha la denominazione IGP ed è un’eccellenza del territorio.
“Il riso nel Delta ha una funzione non solo agronomica, ma anche ambientale, perché è importante per la biodiversità – spiega Bezzi -. È una coltura ad antica tradizione e, anche se abbiamo già vissuto estati siccitose, vedi il 2003, mai abbiamo vissuto un annus horribilis come questo e mai siamo stati costretti a interrompere l’uso dell’acqua. Gli interventi per far fronte al cuneo salino non sono più rimandabili. Da decenni si parla di barriere antisale, ma sono state fatte solo nei rami secondari del Delta, che hanno funzionato sì, ma in stagioni meno difficili di questa. Urgono barriere nei rami principali del Po, che impediscano all’acqua salata di risalire”.
Meglio va nel Veronese, dove si concentra gran parte degli investimenti del Veneto a riso con 2.160 ettari di coltivazioni quasi interamente a Vialone Nano.
“Ci consideriamo dei privilegiati – sottolinea Romualdo Caifa, presidente dei risicoltori di Confagricoltura Verona -. L’annata è certamente molto siccitosa e dobbiamo stare attentissimi nel centellinare l’acqua, ma ad oggi non è mai mancata e non siamo stati costretti a scegliere quale coltura salvare. Dal Piemonte al Polesine tutti i nostri colleghi hanno enormi problemi. Noi invece possiamo ringraziare il Consorzio di bonifica che non ci ha mai fatto mancare l’acqua di derivazione dall’Adige, e anche le nostre risorgive, sorgenti di acqua dolce caratteristiche della nostra pianura che consentono alle risaie una costante irrigazione. Dalle prime impressioni il riso di quest’anno sembra anche di ottima qualità, anche se dobbiamo aspettare il raccolto per averne certezza”.