Nell’ambito della ricognizione del fabbisogno di posti letto extra-ospedalieri per anziani non autosufficienti, lo scorso 11 luglio il Comitato dei Sindaci dei Distretti 1 e 2 (Verona Città ed Est Veronese) ha assegnato un totale 85 posti letto di residenzialità, di cui 45 a valere sulla programmazione socio-sanitaria vigente (2023-2025) e 40 a valere sulla precedente programmazione a fronte di alcune rinunce comunicate da enti assegnatari.
Analogo provvedimento era stato preso nel mese di febbraio 2024 dal Comitato dei Sindaci del Distretto 3 (Pianura veronese) con l’assegnazione di 8 nuovi posti letto.
Contando anche il Distretto 4 (Ovest Veronese), che secondo la programmazione regionale risulta avere una disponibilità residua di una ventina di posti letto di residenzialità, possiamo dire che nel veronese, con l’attuazione dei nuovi Piani di Zona distrettuali relativi al triennio 2023-2025, avvenuta tra la seconda metà del 2023 e la prima metà del 2024, i Comitati dei Sindaci della provincia di Verona hanno assegnato circa un centinaio di posti letto di residenzialità per anziani non autosufficienti.
“Da parte dei Sindaci del territorio si evidenzia quindi un impegno apprezzabile, quantunque doveroso, nell’affrontare il tema delle liste di attesa nelle case di riposo, esploso nel post Covid e soggetto al profondo e potente mutamento demografico che oggi vive la nostra società” appunta Adriano Filice, segretario generale dello Spi Cgil Verona. “Tuttavia si conferma ancora una volta l’insufficienza della programmazione regionale, che fissa i paletti entro i quali i Sindaci devono muoversi. A fronte di liste di attesa di oltre 1.700 persone, 100 posti in più sono infatti una goccia, insufficiente, nel mare del bisogno”.
Va peraltro precisato che le assegnazioni effettuate dai Sindaci possono riguardare strutture ancora in fase progettuale, quindi non immediatamente operative. Inoltre, le assegnazioni sono condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere il successivo, indispensabile, accreditamento da parte della Regione. Sempre alla Regione compete, poi, definire la quota di posti attivi coperti da impegnativa di residenzialità.
Al maggio 2024 i posti letto effettivamente attivi nel veronese risultavano 5.495 e le impegnative circa 4.600. La delibera regionale di riferimento, la numero 996 del 9 agosto 2022, fissava per il territorio scaligero un “fabbisogno teorico” di 5.862 posti letto di residenzialità, a fronte di una disponibilità reale che al 1° gennaio 2022 era di 5.283 posti esistenti. Le ricognizioni effettuate dai Comitati dei Sindaci nell’ambito dei Piani di Zona Straordinari 2021 e 2022, avevano tuttavia definito un fabbisogno molto più alto, pari a 6.197 posti letto, di cui la nuova programmazione regionale del 2022 ha tenuto conto. Con la delibera 996 la Regione ha infatti fissato un tetto massimo di posti accreditabili che vincola l’attuale programmazione 2023-2025 da parte dei Sindaci. Per la provincia di Verona “il margine” di manovra assegnato ai Sindaci era di 84 posti letto che è stato sostanzialmente esaurito con le assegnazioni effettuate nel corso del 2024 di cui abbiamo parlato nei precedenti paragrafi.
“Contando che sul territorio provinciale ci sono circa 60 mila anziani non autosufficienti, in parte bisognosi di continua assistenza sanitaria, risulta evidente che il bisogno di cura è enorme rispetto alle disponibilità e alla programmazione in corso” osserva Filice. “Abbiamo carenza di posti letto, carenza di impegnative, carenza di progettualità per affrontare questa drammatica problematica sociale. Non ci sono soluzioni facili, il primo passo da fare è quello di rendersi conto di questa gigantesca sproporzione, alimentata da anni di mancate scelte, a partire dall’assenza di una riforma delle case di riposo nel Veneto, e agire di conseguenza” prosegue il Segretario Spi Cgil Verona.
“La quasi totalità degli ospiti nelle case di riposo ha un punteggio della scheda Svama oltre gli 80, quindi sono persone con gravi patologie sanitarie. Il 40% delle persone ricoverate soffre di patologie dementigene. Le case di riposo devono dunque ripensarsi per affrontare questa profonda trasformazione sanitaria e sociale che va sostenuta potenziando l’assistenza domiciliare, che da noi è ancora allo stato embrionale, e sostenendo i caregiver. Ma per far questo servono risorse, nuove e ingenti. Grandi e gravi sono le responsabilità della Regione, che non ha ancora proceduto alla riforma delle Ipab e che non investe risorse aggiuntive, e del Governo, che ha varato dei provvedimenti senza risorse aggiuntive”.
Conclude Filice: “Noi del Sindacato Pensionati vogliamo dare voce agli anziani, specialmente coloro che non sono autosufficienti che sono veramente la categoria più dimenticata della nostra società. Sono le persone fragili e inermi che non hanno i mezzi per protestare pubblicamente contro la loro condizione. Mentre molti componenti della società riescono a far sentire la loro voce gli anziani non autosufficienti non hanno questa possibilità. Sono confinati nelle case, molti ricoverati presso le case di riposo, lontani dagli occhi e dalla coscienza pubblica. Gli anziani, spesso privati della capacità di partecipare attivamente alla sfera pubblica, non possono essere presenti fisicamente per far valere le proprie necessità e i propri diritti. Questo li rende invisibili agli occhi di molti, mentre la loro presenza e le loro sfide dovrebbero essere al centro di un dibattito più ampio sulla dignità e sui diritti degli anziani nella società contemporanea”.