Covering climate now è l’iniziativa mondiale che chiama a raccolta ogni soggetto legato al mondo della comunicazione per mantenere alta l’attenzione sul tema del cambiamento climatico; non occorre scomodare i poli per cercare esempi di tale calamità: basta andare sui monti Lessini per trovare un ex-ghiacciaio.
Daniele Avesani e Leonardo Latella (Museo civico di Storia naturale di Verona) hanno condotto uno studio triennale sulla presenza e distribuzione delle mosche della neve (genere Chionea) all’interno del Buso del Valòn (monti Lessini, 45°N, 11°E), una delle poche grotte nel Veneto, all’interno della quale si nota la presenza di un glacionevato.
Le mosche della neve sono, dunque, testimonianza della presenza del ghiacciaio? “Sì – spiega Latella – le mosche della neve, come altre specie nivicole che abbiamo trovato all’interno, si trovano in grotta poiché è fredda e c’è il ghiacciaio (in realtà il nome scientifico di questo tipo di ghiacciaio è “glacionevato”); la usano, in pratica, come rifugio estivo. Una delle ipotesi (ancora da verificare) fatta dai glaciologi è che sia un residuo dell’ultima piccola éra glaciale, ma rimane un’interrogativo, perché non è ancora stata fatta la datazione; nel veronese ci sono altre grotte con ghiaccio e glacionevati interni sul monte Baldo, che abbiamo in programma di cominciare a monitorare“.
Il territorio lessinico si estende per oltre 820km² tra la provincia di Verona e quella di Trento, nella parte sudorientale della catena delle Prealpi venete. I suoi confini sono ben delineati dal solco della valle glaciale dell’Adige ad ovest, dalla profonda incisione della val dei Ronchi a nord e dai centri urbani e aree agricole della pianura veronese a sud; l’estremità orientale, meno netta, si situa lungo la dorsale che separa la val d’Alpone dalla vicentina valle del Chiampo. Geologicamente il luogo è caratterizzato dalla Dolomia principale (220 – 210 milioni di anni), basamento dell’intera propaggine prealpina dei Lessini, dal gruppo dei Calcari grigi, divisi in diverse formazioni (tra i 200 e i 185 milioni di anni) con presenza diffusa di fossili di bivalvi e impronte di dinosauri, coeve a quelle più famose di Rovereto, presenti sul versante orientale della Bella Lasta a ridosso della Valle di Revolto. I Calcari oolitici (185 – 175 milioni di anni) mostrano depositi carbonatici, frammisti a elementi organici, residui fossili tipici della barriera corallina.
Un lungo periodo, dai 175 ai 135 milioni di anni, segna il deposito di quella che è forse la formazione peculiare del territorio lessinico, il Rosso ammonitico veronese: stratigrafia rocciosa, mediamente dura e compatta, ricchissima di fossili di ammoniti, ovvero antichi cefalopodi che popolavano i mari poco profondi.
In corrispondenza delle stratigrafie di Calcare oolitico e Rosso ammonitico, l’azione erosiva dell’acqua e degli agenti atmosferici ha portato alla formazione di grandi monumenti naturali come il ponte di Veja e il covolo di Camposilvano, particolari fenomeni carsici quali doline, inghiottitoi e grotte e singolarità geologiche come le tante città di roccia tra gli alti pascoli, di cui la più famosa è la valle delle Sfingi, nei pressi di Camposilvano.
Più recente è la formazione della Maiolica (o Biancone), tra i 135 e i 90 milioni di anni fa in mari profondi: è stratigrafia costituita da rocce regolari biancastre, frammiste a noduli di selce, residui di gusci di antiche diatomee. Tra i 90 e i 70 milioni di anni si sono depositati strati di Scaglia (variegata e rossa) di colore rosa-rosso per gli ossidi di ferro in essa contenuti. Infine i calcari del Paleocene e dell’Eocene – di colore bianco-giallastro – affiorano in molte delle zone collinari lessiniche, anche vicino a Bolca nella parte nordorientale. A completare il panorama si inseriscono le rocce eruttive di tipo basaltico (Paleocene) e presenti in particolare in alcune parti della Valpolicella e, soprattutto, nelle vallate della Lessinia orientale.