Secondo uno studio di Althesys sulle potenzialità del biometano da fonti diverse da quella agricola il potenziale italiano da depuratori e rifiuti è di 370 milioni di metri cubi all’anno. Nello specifico, rileva la ricerca, il biometano da frazione organica è stimato in 205 milioni di metri cubi e quello da depurazione potrebbe essere pari a 170 mln mc , un potenziale tale da far viaggiare 170mila auto.
Lo studio di Althesys “Lo sviluppo del biometano, potenzialità e ricadute”, è stato presentato nell’ambito del convegno “Da depuratore a bioraffineria, l’esperienza del Gruppo Cap” che si è svolto durante Ecomondo, alla Fiera di Rimini.
L’utilizzo di sottoprodotti di provenienza diversa, come ad esempio la FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano) e i fanghi di depurazione, può integrare – dice l’analisi – quella agricola e permette significativi benefici ambientali, consentendo da un lato di ridurre il ricorso alla discarica e dall’altro di riutilizzare la risorsa in chiave di valorizzazione energetica.
Per la cosiddetta frazione “umida” da raccolta differenziata , che in Italia nel 2014 è stata intercettata per circa 5,7 milioni di tonnellate, il compostaggio rimane la destinazione prevalente (oltre 3 milioni di tonnellate), mentre il resto è destinato a produzione di biogas (450.000 tonnellate). Per la raccolta dell’organico si prevede un progressivo aumento, in grado di sviluppare una produzione di biometano stimata come detto in 205 milioni di metri cubi. Qualora venisse utilizzata per fare il “pieno” ai veicoli, si potrebbero percorrere circa 2,4 miliardi di km annui, cioè l’equivalente di circa 95.000 auto (percorrenza media annua 25.000 km). Ipotizzando che il prezzo alla pompa del biometano sia uguale a quello attuale del metano, il risparmio per un automobilista medio rispetto ad un’auto a benzina sarebbe di circa il 60%, cioè 2.200 euro all’anno. Interessanti anche le ricadute economiche e industriali: secondo lo studio 1,3 miliardi con possibili investimenti in nuovi impianti per circa 400 milioni di euro.
Nonostante le grandi potenzialità tecnologiche del settore, secondo lo studio, lo sviluppo dei mercati collegati si è però da tempo interrotto, in particolare per il biometano, il cui lungo iter ne ha di fatto bloccato la crescita. Per Antonio Bottega, dell’associazione Amici di Verona, “è necessario rimuovere vincoli burocratici e normativi per un pieno sviluppo del potenziale di alcuni feedstock, come i fanghi di depurazione. L’attuale normativa non favorisce ancora appieno lo sviluppo del biometano, soprattutto la trasformazione degli impianti biogas esistenti”. Infatti gli impianti di biogas non hanno la possibilità di riversare in rete il surplus di produzione, mentre il biometano, che con le moderne tecnologie si riesce a ricavare puro al 98%, può essere immesso in rete per tutti gli usi consentiti. Addirittura dal processo di raffinazione risultano come residui altri gas, principalmente idrogeno e anidride carbonica, che possono essere utilizzati industrialmente, portando così altri ricavi al conto economico di trasformazione.
Il potenziale stimato di produzione di biometano da fanghi di depurazione è invece di circa 170 milioni di metri cubi, ovvero un quantitativo che consentirebbe di percorrere circa 1,9 miliardi di chilometri l’anno, cioè l’equivalente della strada percorsa da circa 75.000 auto. Un contributo alla salvaguardia dell’Ambiente, visto che la combustione del metano è sicuramente molto meno inquinante di benzina e gasolio.