Il 3 marzo ha visto la luce lo schema del nuovo Codice degli appalti. Un’occasione unica per tentare di realizzare le opere in tempi e costi certi, premiare la libera concorrenza con regole trasparenti per le stazioni appaltanti, i progettisti, e le imprese, semplificare e rendere più equilibrato e moderno il rapporto committente – appaltatore.
“E’ stato fatto un ottimo lavoro dal Parlamento in occasione della scrittura della legge delega; è necessario ora, dare coerente attuazione ai principi dal legislatore. Lo schema di Decreto Legislativo inviato dal Governo al Parlamento, pur contenendo aspetti di innovazione, non sembra rispondere pienamente ai criteri di delega.”
Tra gli argomenti che son stati oggetto di discussione vi sono temi importanti per il settore dei lavori pubblici: permanenza del sistema delle SOA, qualificazione delle Stazioni Appaltanti, RATING reputazionale, eliminazione dell’esclusione automatica delle offerte anomale, obbligo dell’offerta economicamente più vantaggiosa da 1.000.000 di euro in poi, sorteggio della commissione di valutazione dell’offerta tecnica, riforma dell’istituto del subappalto, contenzioso.
Secondo Ance Verona, tuttavia, c’è un forte rischio di incertezza normativa vista l’eccessiva discrezionalità conferita alle Pubbliche Amministrazioni ed una disciplina del transitorio che, opera un’abrogazione secca delle vecchie norme. Passare in un colpo solo da 660 articoli a 219 potrebbe generare vuoti normativi e bloccare un interno settore.
“Per evitare questo scenario, è necessario introdurre alcuni correttivi fondamentali, per consentire alla riforma di dispiegare i propri effetti positivi.”
Tra le note positive vi è sicuramente il mantenimento della qualificazione delle imprese a partire dai 150.000 euro. “Non è accettabile una qualificazione gara per gara dove ogni committente può chiedere requisiti soggettivi, con rischio di frammentazione delle regole di partecipazione e con aumento del contenzioso”. Ben venga il principio di una maggiore valorizzazione della qualità dei progetti e dell’esecuzione, attraverso il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa al posto del massimo ribasso. Ritengo sia più ragionevole, tuttavia, evitare questi criteri di aggiudicazione, che sono complessi e costosi per le imprese, per appalti al di sotto dei 2,5 milioni di euro spesso privi di complessità tecnica.
E’ necessario, inoltre, che tutte le commissioni di gara, a prescindere dall’importo, vengano sempre sorteggiate dall’ANAC all’interno del proprio albo, cogliendo così il duplice obiettivo di avere soggetti altamente qualificati, individuati con massima trasparenza e lontani da logiche particolari.
“Su altri punti, invece, non possiamo essere soddisfatti, a partire dal tanto famigerato massimo ribasso, il quale non è andato in pensione, ma sarà applicabile a tutti i lavori sotto il milione di euro, che sono quelli rivolti alle piccole e medie imprese, rappresentano l’84,2% del numero totale dei bandi pubblici e compongono circa il 20% degli investimenti in opere pubbliche. In questa chiave, è opportuno lasciare che le stazioni appaltanti possano utilizzare l’esclusione automatica delle offerte anomale, per lavori d’importo inferiore ad 1 milione di euro, salvaguardano, al tempo stesso, la gara da fenomeni di turbativa con l’inserimento di elementi non predeterminabili nell’individuazione della soglia di anomalia, in coerenza con la legge delega.”
“Sulla questione del subappalto tengo a precisare che non è stato per niente liberalizzato, ma sarà facoltà delle stazioni appaltanti indicare nel bando se e quali opere potranno essere subappaltate. L’unica cosa certa è che viene ripristinato il divieto di subappalto, oltre il 30%, delle categorie cd “superspecializzate” d’importo superiore al 15%, per le quali non è ammesso neanche l’avvalimento. Tale disposizione, comportando, di fatto, un obbligo di ATI verticali impone un limite alla libertà di subappalto non previsto al livello comunitario.
Inoltre, occorre prevedere delle limitazioni al pagamento diretto dei subappaltatori assieme alla liberatoria dell’appaltatore dalla responsabilità solidale per gli scoperti contributivi e retributivi del subappaltatore verso i propri dipendenti.
Non possono essere previsti meccanismi, di dubbia legittimità costituzionale, che consentono alla stazione appaltante di risolvere il contratto, a fronte del mero esercizio del diritto di iscrivere riserve superiori ad una data percentuale (15%). Questo sarebbe, di fatto, un “unicum” in tutto il panorama normativo nazionale.
Infine occorre rendere efficiente, in chiave deflattiva, l’istituto della risoluzione delle controversie in corso d’opera (c.d. accordo bonario) che, se adeguatamente gestito, può consentire il rispetto dei termini finali di esecuzione delle opere.
Molto nebulose appaiono le considerazioni che riguardano IL MASSIMO RIBASSO, che resta, se non ho capito male, ridotto sotto una certa soglia ma non CANCELLATO del tutto, come dovrebbe. Ripeto: forse sarebbe bene chiarire bene l’argomento sgombrando il campo affermando che IL MASSIMO RIBASSO è fuori legge del tutto.