La richiesta – aggiunge il presidente di Anac – è motivata dai dati sul ricorso agli affidamenti a società controllate dalle amministrazioni. Il ricorso all’in-house porta gli Enti locali ad assegnare in affidamento diretto fino al 93% degli affidamenti, lasciando alle gare per i servizi una quota irrisoria pari a soltanto il 5% del totale.
Per ANAC il Codice dei contratti pubblici già prevede per le amministrazioni locali la necessità di spiegare le ragioni del ricorso a società controllate. Cionondimeno l’Autorità Nazionale Anticorruzione chiede di motivare in modo chiaro e in anticipo perché, per svolgere una determinata attività, si sceglie di non ricorrere al mercato, ma di guardare al proprio interno. Inoltre, per l’Autorità, che già gestisce l’elenco delle società in-house, tale motivazione deve dare conto anche della convenienza economica di non fare la gara e di non ricorrere al libero mercato.
L’Anac chiede al Parlamento di inserire un termine di trenta giorni, durante i quali sarà possibile valutare l’adeguatezza delle ragioni delle amministrazioni ed eventualmente impugnare il ricorso all’in-house. In ogni caso, anche tali affidamenti dovrebbero confluire nella banca dati nazionale dei contratti pubblici dell’Anac. Questo per permettere un confronto sulla convenienza, guardando come sono realizzati i servizi sul mercato, e a quale prezzo, in tal modo aumenterà la trasparenza e si incentiveranno le scelte dirette a offrire servizi migliori ai cittadini. La norma già messa a punto dal governo e ora all’esame del Senato, per Busia deve essere rafforzata e messa a sistema in quanto è ncessario fare in modo che gli affidamenti siano fatti in modo conveniente, in caso contrario si rischiano danni e perdite.
Per quanto riguarda le concessioni, Busia aggiunge: «Noi ci occupiamo delle concessioni quando rientrano nell’ambito dei contratti pubblici. Se un concessionario realizza un’opera che diventa demanio, allora secondo noi va applicato il codice. In generale occorre aumentare l’applicazione del codice dei contratti pubblici, quale norma generale di concorrenza. Occorre inoltre garantire maggiore trasparenza. Le amministrazioni pubbliche devono dire quali beni hanno, con quali criteri sono distribuiti e far capire alla vigilanza e ai cittadini come il patrimonio pubblico è utilizzato».
La concorrenza, per Busia, va incentivata anche sui prezzi dei farmaci, i quali vengono già verificati in riferimento ai beni e servizi, evitando alle amministrazioni di dover fare ricerche di mercato. Questo viene fatto da Anac anche riguardo ad alcuni principi attivi, posti alla base dei farmaci. Busia propone che venga applicato il criterio del prezzo di riferimento elaborato da Anac su i vari prezzi dei farmaci, garantendo così importanti risparmi alle aziende sanitarie, come abbiamo fatto per i dispositivi per il diabete.
Infine Anac chiede di estendere a tutti i responsabili delle strutture sanitarie l’ambito delle incompatibilità ora in vigore solo per i direttori generali, i direttori amministrativi, i direttori sanitari, inserendo tale dispositivo nel ddl Concorrenza. «La misura – conclude Busia – eviterebbe conflitti di interessi e legami tra nominato e nominato, come nei casi di chi ha ricoperto incarichi politici o li ricopre contestualmente. Il merito deve essere l’unico elemento che spinge ad individuare queste figure, in ambito sanitario e in tutta la pubblica amministrazione. Perciò bene la rapidità nei concorsi, ma senza rinunciare alla qualità».