Gli operatori economici che prendono parte all’esecuzione di appalti pubblici devono possedere i requisiti generali di moralità, tra cui quello di regolarità contributiva. In caso di costituzione di un apposito elenco di avvocati, da consultare ai fini del conferimento del singolo incarico professionale, tali requisiti devono essere posseduti dai professionisti al momento della richiesta di iscrizione nel citato elenco e debbono essere controllati al momento di ogni singolo affidamento, fermo restando, da un lato, che non può esigersi il medesimo rigore formale di cui all’art. 80 D.Lgs. 50/2016 (prima art. 38 D.Lgs. 163/2006) e, dall’altro, che la stazione appaltante nell’esercizio della propria discrezionalità amministrativa può valutare di svolgere in ogni momento le verifiche ritenute necessarie.
Il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), nell’Adunanza del 1 aprile 2020, depositata in Segreteria l’8 aprile, è intervenuto in merito a due richieste di parere pervenute dal Comune di Ugento: l’uno relativo alle modalità di verifica del possesso del requisito di regolarità contributiva di cui all’art. 80 D.Lgs. 50/2016 nel caso di affidamento di incarichi legali di cui all’art. 17, comma 1, lett. d), D.Lgs. 50/2016; l’altro concernente la disciplina da applicare agli incarichi di tal genere già affidati ed espletati in vigenza del D.Lgs. 163/2006.
L’ANAC precisa che in virtù di quanto previsto dall’art. 17, comma 1, lettera d), punto n. 1), D.Lgs. 50/2016, la rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato rientra nell’ambito dei contratti esclusi dall’integrale applicazione del D.Lgs. 50/2016, rimanendo soggetta, però, al rispetto dei principi di cui all’art. 4 D.Lgs. 50/2016.
L’Autorità ha inoltre chiarito, come indicato nelle Linee guida n. 12, paragrafo 3.1.5, che: «Il possesso di inderogabili requisiti di moralità da parte dei soggetti che a qualunque titolo concorrono all’esecuzione di appalti pubblici rappresenta un fondamentale principio di ordine pubblico, che trova applicazione anche negli affidamenti riguardanti contratti in tutto o in parte esclusi dall’applicazione del Codice dei contratti pubblici. Esso risponde, infatti, all’esigenza di assicurare l’affidabilità del soggetto che contratta con la pubblica amministrazione». Conseguentemente, per i servizi legali, di cui al citato articolo 17, sebbene la stazione appaltante non possa esigere il medesimo rigore formale previsto dall’articolo 80 D.Lgs. 50/2016, la stessa, ha, comunque, l’obbligo di verificare in concreto il possesso da parte dei concorrenti dei requisiti generali di cui al citato articolo 80. Nel caso in cui l’amministrazione abbia provveduto alla costituzione di un elenco di professionisti, da cui attingere per il conferimento del singolo incarico, tale verifica «va effettuata in occasione delle specifiche procedure per cui i soggetti iscritti nell’elenco sono interpellati, ferma restando la facoltà della stazione appaltante di verificare il possesso dei requisiti generali di cui all’articolo 80, autocertificati dall’interessato nell’istanza ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre n.445, anche ai fini dell’iscrizione nell’elenco».
L’Autorità ricorda che i servizi legali erano contemplati al punto 21 dell’allegato II B del D.Lgs. n. 163/2006 e, pertanto, il loro affidamento era retto dalle norme del Codice e in particolare, l’articolo 27 imponeva il rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità per l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del D.Lgs. 163/2006, e richiedeva che tale affidamento fosse preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto.
Nondimeno, nella Relazione AIR delle Linee guida n. 12 (qui documenti e atri), l’Autorità ha già chiarito l’ambito oggettivo di applicazione del D.Lgs. 163/2006 come segue: «Nel previgente quadro normativo, la giurisprudenza amministrativa e contabile aveva affermato la distinzione tra il conferimento del singolo incarico di patrocinio legale e l’attività di assistenza e consulenza giuridica. Il primo caso era sottratto alla disciplina del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in quanto qualificato come “contratto d’opera intellettuale”, in ragione del fatto che il prestatore d’opera, pur avendo l’obbligo di compiere, dietro corrispettivo, un servizio a favore del committente, senza vincolo di subordinazione e con assunzione del relativo rischio, esegue detto servizio con lavoro prevalentemente proprio, senza una necessaria organizzazione. Il secondo caso, invece, era qualificato come “appalto di servizi”, in quanto l’attività di assistenza e consulenza giuridica, caratterizzata dalla complessità dell’oggetto e dalla predeterminazione della durata, pur presentando elementi di affinità con il contratto d’opera (autonomia rispetto al committente), si differenzia da quest’ultimo poiché la prestazione è eseguita con organizzazione di mezzi e personale che fanno ritenere sussistente, assieme al requisito della gestione a proprio rischio, la qualità di imprenditore commerciale caratterizzata da una specifica organizzazione. Conseguentemente, si riteneva che la scelta fiduciaria del patrocinatore legale fosse esclusivamente soggetta ai principi generali dell’azione amministrativa in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione, mentre l’attività di assistenza e consulenza giuridica dovesse essere affidata nel rispetto degli artt. 20 e 27 del D.Lgs. 163/2006».
L’ANAC con riferimento al primo quesito, per l’affidamento dei servizi legali di cui al citato articolo 17, comma 1, lett. d), punto 1, la stazione appaltante ha l’obbligo di verificare in concreto il possesso da parte dei concorrenti dei requisiti generali di cui al citato articolo 80, secondo le modalità indicate nelle predette Linee guida sebbene la stessa non possa esigere il medesimo rigore formale previsto dall’articolo 80 D.Lgs. 50/2016.
Con riferimento infine al secondo quesito, l’Autorità osserva che anche in vigenza del precedente codice l’Autorità, con riferimento al possesso dei requisiti generali, aveva precisato che: «Le cause di esclusione di cui all’art. 38 concernono tutti i contratti pubblici (art. 3, comma 3, del Codice), qualunque ne sia la tipologia e l’oggetto ed indipendentemente dal valore del contratto e dalla procedura di scelta del contraente adottata (si vedano, al riguardo, le determinazioni dell’Autorità n. 1 del 12 gennaio 2010 e n. 1 del 16 maggio 2012)».
Alberto Speciale