Prosegue l’inchiesta: Il Piano Industriale, questo sconosciuto.
La sottoscrizione del piano industriale era fondamentale per garantire sviluppo e crescita al territorio.
L’esistenza del piano industriale (c’è o non c’è) ha generato molta confusione in quest’ultimi mesi. Il presidente della fondazione Cariverona ed il Sindaco di Verona sono scesi in pista per far chiarezza, ed il tema è ricaduto di nuovo sul piano industriale.
Lo scorso 1 Dicembre si è tenuta una riunione per chiarire con il Presidente Marchi (SAVE) e i soci Aerogest, purtroppo come si poteva immaginare un vero piano industriale non c’è e lo stato confusionale della gestione SAVE di Catullo impera.
Escono sempre piccole verità dai giornali locali molto attenti a non far arrabbiare il Presidente Marchi che continua negli slogan da campagna elettorale: “farò grande il Catullo”.
Da quello che si riesce a capire, a sentire i ben informati, la gestione SAVE punterebbe tutto sulla ristrutturazione dell’attuale terminal, allo stato attuale e un leggero maquillage, con il progetto denominato “Romeo”.
Per meglio capire le dinamiche di quello che sta accadendo è importante tornare al precedente piano industriale che era stato realizzato dalla precedente gestione con un DG di grande esperienza e capacità professionale. Quel piano industriale era stato approvato dall’assemblea dei soci nel luglio del 2013 e prevedeva, tra l’altro, il progetto “Romeo” (non il progetto SAVE) non come soluzione definitiva per Verona, ma come progetto ponte per la vera soluzione definitiva dell’aeroporto di Verona, che era quella di realizzare un nuovo terminal dove oggi c’è l’hangar. Questo progetto era stato nominato progetto “Giulietta” e avrebbe avuto una struttura da terminal moderno, europeo, con al piano terra gli arrivi ed al primo piano le partenze, in grado di gestire la domanda di traffico del lungo termine. Il piano industriale precedente aveva come prerogativa quella dello sviluppo del sistema aeroportuale del Garda in modo da garantire crescita economica ed occupazionale al territorio stesso per il medio – lungo periodo.
Ben diversa la situazione con SAVE.
Puntare tutto sul progetto “Romeo”, ridotto, come progetto definitivo, è chiaramente un segnale di grande ridimensionamento dell’aeroporto e del suo territorio. Va evidenziato che questo progetto si basa sulla ristrutturazione dell’esistente struttura di tipo industriale, e degli anni ‘60, adattata a terminal passeggeri, che necessita assolutamente di interventi strutturali e di sicurezza nella parte impiantistica. Gli interventi previsti, quanto meno quelli accennati da SAVE, non consentono di aumentare la capacità dei vari sottosistemi aeroportuali (nastri trasportatori agli arrivi, banchi check-in, varchi sicurezza, sala bagagli ecc…) e pertanto la capacità complessiva dell’aeroporto rimane la stessa, compromettendo la possibilità di gestire la domanda di traffico del medio-lung termine.
Un danno enorme per il territorio, che evidenzia una strategia mirata di ridimensionamento scientifica e tutta a vantaggio di SAVE.
La tempistica dello sviluppo del progetto “Romeo” dovrebbe vedere la luce al 2025 se tutto fila liscio, nel senso che non ci siano ricorsi dei partecipanti alle gare che amo oggi non sono state nemmeno impostate.
Le domande da porre ai Presidenti Riello ed Arena, che hanno difeso a spada tratta la scelta di SAVE come partner industriale è: possibile che si debbano aspettare 11 anni per vedere la prima opera di rilancio della Catullo SpA se non ci saranno “intoppi”? Come sarà possibile gestire la crescita senza un aumento di capacità del terminal passeggeri?
Appare chiaro ed evidente che quanto i Veronesi, e i fruitori dell’aeroporto, vivono sulla propria pelle è la conseguenza diretta di una scelta clientelare più che industriale realizzata senza gara e pagata a carissimo prezzo. La sottoscrizione del piano industriale all’atto dell’ingresso di SAVE serviva proprio per evitare queste situazioni imbarazzanti.
Da fonti molto informate il 2018 scorrerà via senza investimenti in quanto non ci sono progetti da appaltare; saranno fatti pochi interventi di manutenzione come la pista di Brescia e poco altro.
Prima di misurare l’affidabilità di un partner industriale in base alla sua disponibilità di procedere o meno con una serie di investimenti sulle infrastrutture, allo stesso bisognerebbe piuttosto sollecitare la necessità di saturare quelle esistenti. Il Catullo oggi è uno scalo a vocazione turistica e opera su base prevalentemente stagionale. Il Catullo nel corso dei primi anni 2000 ha già subito una serie di ampliamenti (peraltro realizzati nonostante non fosse stata approvata la VIA) per un costo complessivo pari a circa 40 milioni di euro e con incremento di capacità complessiva tra 5 e 6 milioni di passeggeri/anno. L’utilizzo dello scalo oggi è al 50% e per assurdo se l’utenza del bacino del Garda vuole recarsi nella maggior parte dei Paesi Europei deve usare altri scali. E gli aeroporti circostanti ringraziano