Aeroporto Catullo – Operazione t’azzero, fase 1

 
 

Quando governava Pantalone

Il comunicato stampa dell’On.le Businarolo, relativo alla richiesta depositata al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con esito che ha indicato che nessuna autorizzazione o via libera fosse stata data per l’operazione Catullo – SAVE, non ci ha certamente sorpresi. Il vaso di Pandora (occhio ai serpenti), ormai scoperchiato, ci riserverà molte altre verità tenute segrete dai soliti noti che hanno fatto uscire solo “fake news”.
Anche questa volta c’è da notare come i giornali locali non abbiano ripreso la notizia, che noi osiamo definire “bomba”, che smantella tutto il castello difensivo impostato al grido del “tutto fatto alla luce del sole e con il consenso e autorizzazione di ENAC e Ministero”.

Purtroppo per il nostri Filistei al Ministero sono cambiate le persone, e tira una brutta aria per chi ha agito contro la legalità. Il Ministro, e soprattutto la Direzione Generale per gli Aeroporti e Settore Trasporto Aereo, hanno subito risposto alla richiesta in tempi rapidi, e ci pare di capire che vogliano andare a fondo della questione.

Con la presa di posizione del Ministero, che mette “Nero su Bianco” (non è un sandwich) che nessuna autorizzazione fosse stata rilasciata, che cosa cambia ora?

Intanto crolla il castello difensivo che si basava sulle verità edulcorate e i depistaggi, un po’ come aveva risposto il sottosegretario De Caro all’interrogazione parlamentare dell’On.le Dal Moro che aveva chiesto, nel lontano 2015, con una interrogazione parlamentare da manuale, all’allora Ministro Delrio. La risposta, tra molte false verità e reticenze, confermava già che nessuna autorizzazione fosse stata rilasciata.

Va evidenziato che nei ricorsi fatti al TAR del Lazio dalla Catullo S.p.A., si cavalca proprio il discorso che l’operazione era stata “benedetta” dal Ministero. Al punto 3 del ricorso si legge che:
“Nel corso degli approfondimenti svolti da Catullo in relazione all’offerta SAVE, l’11 settembre 2013, Catullo ha incontrato l’Ente Nazionale Aviazione Civile (ENAC) per illustrare l’operazione, e il suo direttore generale ne riferiva al consiglio di amministrazione che nulla trovava da eccepire, come confermava nel comunicato stampa 70/2013 del13 settembre 2013….”

Peccato che il nulla da eccepire fosse relativo all’ingresso di SAVE fino al 5%, oltre questo limite serviva l’autorizzazione del Ministero, e la gara, e questo era noto a tutti.

Nel ricorso poi viene evidenziato che :

“Successivamente, con il proseguire delle interlocuzioni e il delinearsi dell’operazione, Catullo e SAVE hanno incontrato il Ministro delle Infrastrutture (Lupi), come sintetizzato dal verbale della riunione. Nel corso del predetto incontro, Il Ministro concedente prendeva posizione sulla non necessità a porre in essere procedure di evidenza pubblica in ragione di quanto disposto dal d.m. 521 del 12 Novembre 1997 ….”

Peccato che al Ministero fosse stato presentato un progetto che prevedeva l’ingresso di SAVE come socio finanziario di minoranza, che il controllo della Catullo rimanesse pubblico e che sarebbe stato sottoscritto il piano industriale che avrebbe portato alla costituzione del Sistema Aeroportuale del Nord Est. Tutto questo non è mai avvenuto, in realtà è avvenuto che il controllo sia stato dato in mano alla SAVE con patti parasociali sottoscritti di nascosto al C.d.A., niente investimenti e men che mai la costituzione del polo aeroportuale del Nord Est. SAVE ha semplicemente provveduto al ridimensionamento dello scalo di Verona a tutto vantaggio di Venezia, e ha abbandonato completamente quello di Brescia con costi per lo Stato che meritano qualche considerazione.

Una bella differenza tra quello che era stato detto al Ministro e alla stessa ENAC, e quello che è avvenuto. C’è anche da evidenziare che non ci sia alcuna conferma o traccia scritta di qualsivoglia autorizzazione ministeriale che autorizzi a non fare una gara. Aggiungiamo, anche, che né l’ENAC né tanto meno il Ministero siano venuti in soccorso a Fracchia e Co., e questo dovrebbe accendere qualche lampadina.

Interessante evidenziare quanto scritto al punto 5 del ricorso della Catullo al TAR contro la delibera ANAC, si legge che :

“ … il 16 luglio 2014 l’accordo è stato trasmesso ad ENAC dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti senza che nessuna osservazione venisse formulata … “

Nonostante l’ampia durata – di oltre un anno – delle interlocuzioni e, successivamente delle trattative, la notevole copertura mediatica delle iniziative del Catullo, la pubblicazione di comunicato stampa da parte sia di ENAC sia di SAVE, nessun soggetto potenzialmente interessato si manifestava, con la concreta volontà di presentare un offerta …”

Quanto detto è fuorviante e non corrisponde alla realtà. Il mercato è stato respinto  furbescamente e con la tattica, Catullo ha chiaramente detto al mercato che non avrebbe venduto il controllo, e cercava chi fosse disposto a investire 50 milioni di euro per l’aumento di capitale e per realizzare gli investimenti previsti nel piano industriale approvato in assemblea del 2013.
Termini difficili, se non impossibili, per far aderire il mercato, ma tanto SAVE aveva già un accordo in tasca che prevedeva tutt’altro, con il controllo e senza impegno alla realizzazione del piano industriale approvato in assemblea.
Poteva il mercato essere interessato alle condizioni (finte) poste dai soci Catullo? Certamente no, va comunque sottolineato che non si sia mai parlato di gara e qualsiasi altro pretendente veniva dissuaso anche dal chiedere, come avvenuto con l’aeroporto di Monaco, Corporation America ed il Fondo AMP Capital. Poi il resto della storia la conosciamo tutti: l’aumento di capitale è stato di appena 23 milioni e ha consentito a SAVE di salire al 40,3%, e soprattutto senza aver sottoscritto il piano industriale. Un vero affare nato e realizzato in modo consociativo, negli interessi della SAVE del Doge e non di Verona e del suo vasto territorio che avrebbe meritato ben altro trattamento.

Per quanto riguarda il fatto che il Ministero non abbia fatto delle osservazioni, nonostante le comunicazioni scritte, non significa che fosse d’accordo.
Significa, forse, che ci fossero delle complicità all’interno di ENAC e del Ministero, come precisa l’On.le Businarolo, e usciranno fuori nel tempo. Non stiamo parlando della presentazione di una pratica edilizia dove vige il silenzio assenso, qui si sta parlando del controllo di una società pubblica che ha in pancia 2 concessioni quarantennali e che è stata svenduta a prezzi di saldo.

Tornado al fatto che il mercato non ha espresso interesse non perché non interessato, ma semplicemente perché non c‘erano i termini corretti. Il Doge lo ha fatto capire molto bene in una intervista al Gazzettino del 19 giugno dove parla della gara per l’aeroporto di Trieste andata a vuoto. Marchi ha precisato che, senza il controllo, al privato non interessa investire, parla anche di prezzo troppo alto e qui non condividiamo. Il valore a base d’asta di 70 milioni di euro era ragionevole e studiato dalla KPMG, advisor di tutto rispetto.
Se poi ricordiamo la gara per l’aeroporto di Lubiana, aggiudicato a 117 milioni, siamo in linea visto che Trieste e molto simile come dimensioni allo scalo di Lubiana. Il problema era che la gara non prevedeva il controllo ed è difficile trovare interesse. Nel caso della Catullo il Doge si è portato a casa, con la complicità dei soci pubblici, di ENAC e del Ministero, la Catullo, senza gara, con 2 concessioni quarantennali, a Trieste no perché c’erano i termini di una gara da rispettare ed il socio pubblico è stato tutelato. Poi quando parla di manager che devono essere nominati del socio privato, suggeriamo ai soci dello scalo di Trieste di venire a vedere come è ridotta Catullo sotto la gestione SAVE per capire che c’è privato, e privato e quindi non è oro tutto quello che luccica…..

… e intanto Pantalone non paga….

 
 

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