Marco Polo non è solo un aeroporto
Oggi in pompa magna il Sindaco sottoscriverà il gemellaggio con Hangzou, ridente cittadina di 6 milioni e passa di abitanti, che supera in popolazione tutto il Veneto.
I motivi del gemellaggio sono nobilissimi, arte, moda, spettacolo, economia.
Bene! Ben venga!
Una semplice domanda: come li facciamo arrivare qui i cinesi? O con la via della Seta di Marco Polo, a piedi in pellegrinaggio, o facendoli sbarcare a Milano, Roma o perché no ad Ancona (https://www.veronanews.net/aeroporto-catullo-e-suonata-la-sveglia/). A Venezia lasciamo il nome di Marco Polo, per altro nato in Dalmazia, anche se la diatriba è aperta sui natali del viaggiatore (la famiglia era di Sebenico).
Al Doge gli si ritorceranno le budella per la seconda volta, e non essendo riuscito a stoppare i marchigiani, proverà a scippare ancora i veronesi.
Avremmo la possibilità di accogliere in una futuristica stazione aeroportuale quasi, se non più di, 8 milioni di passeggeri, basterebbe avere i “cojones” alla Cholo o alla Ronaldo e, senza esporli, pena una multa salata, battersi per avere le mani libere dall’incaprettamento di SAVE.
Altrettanto si potrebbe realizzare nell’aerostazione bresciana, mettendo a tacere le polemiche, e regalandole finalmente lo sviluppo, senza lasciar andare la concessione, ma sfruttando favorevolmente il mercato che chiama a gran voce. Non i cinesi del fondo Sixjan, perché cannibalizzerebbero Verona, ma qualcuno capace di far lavorare bene i due aeroporti in sinergia, portando traffico passeggeri e merci a Brescia.
Il bilancio fa acqua, così tanta che lo tsunami milionario ha spazzato via la data di approvazione posponendola al termine ultimo di luglio. Si deve trovare la quadra per schermare adeguatamente la mancanza dei quattrini della sentenza ENAV (c.a. 20 milioni), e la totale inettitudine nella gestione di Brescia (c.a. 8 milioni), nonostante i strombazzati numeri claudicanti del traffico.
La Procura è alla porta e sta attendendo il passo falso.
I soci si gingillano nelle nebbie delle informazioni drogate, e tentennano sul rinnovo dei patti parasociali che consegnerebbero definitivamente al Doge le due concessioni.
Mettere alla porta SAVE, dove c’è la Procura che attende, sarebbe necessario, così da far intervenire chi l’investimento lo può e vuole fare, magari con una gara che abbia le specifiche di sviluppo fin qui negate, e che mantenga in parte il controllo del territorio sull’esecuzione degli investimenti, vincolo che stranamente è mancato nei patti con SAVE.
Certamente non si può cadere dalla padella SAVE alla brace F2i, che controlla Malpensa e che spingerebbe Brescia fuori dal Catullo, avendo interessi solo finaziari.