La corazzata POTËMKIN…
La notizia del giorno è che la Catullo ha assunto un Cargo manager per rilanciare lo scalo di Brescia. Non è una barzelletta, ma è tutto vero. Si chiama Massimo Roccasecca, la carriera iniziata con Alitalia (e questo non depone bene …), poi esperienza in Cargo Italia (fallita ….), poi alla Maersk Italia, e più recentemente per 14 mesi Cargo Manager all’aeroporto di Muscat, dove viene dimesso improvvisamente, non si sa per quale ragione. Carriera piuttosto opaca senza incarichi importanti o sussulti di qualsiasi genere, proprio il prototipo dei manager che piacciono al Doge. Va a sostituire un poco incisivo Giovanni Rebecchi di SAVE che poco o niente ha potuto combinare, visti i risultati di questi 3 anni (2015-2017) di gestione totale SAVE dello scalo: zero nuovi voli, attività cargo che passa dalle 41 mila tonnellate del 2014 (gestione pre SAVE) a 34 mila tonnellate del 2017 con un bel -17%, e scalo sempre più fantasma! Per una questione di dignità non abbiamo nemmeno preso in considerazione i passeggeri.
E sappiamo essere stata presentata al Ministero una richiesta per lo “svincolo” della concessione.
Ma noi ci chiediamo: Sarebbe questa la cura capace di rilanciare lo scalo di Brescia?
A modesto avviso, certamente no! È semplicemente l’ennesima trovata per rispondere alle critiche che vengono rivolte alla SAVE per la totale incapacità di gestire, sviluppare e rilanciare lo scalo Monteclarense. Siamo alle comiche e più che ridere c’è da piangere ….
Abbiamo più volte spiegato i limiti strutturali che fanno dell’aeroporto di Brescia uno scalo incompleto per la gestione delle merci. I limiti possono essere riassunti in 4 aree ben distinte che indichiamo di seguito, brevemente, con la speranza che qualcuno in SAVE le legga bene:
1)- Costo del carburante più elevato: è noto a tutto il mercato (meno quelli della SAVE) che il carburante all’aeroporto di Brescia Montichiari costa anche pressappoco il 15% in piu’ rispetto agli scali limitrofi, con Malpensa che risulta essere il più competitivo in assoluto. Il fenomeno, come è intuibile, è legato alle basse quantità erogate che generano costi di struttura maggiori. Su un volo cargo, con aeromobile di grande capacità, questa differenza può pesare diverse migliaia di euro a volo, a secondo della tratta da compiere. Questo è un parametro oggettivo che spinge il mercato verso altri scali.
2)- Da Brescia il valore della merce per i vettori è generalmente inferiore rispetto a Milano. E ciò genera un minore appeal per il mercato orientato a massimizzare i ricavi.
3)- La lunghezza della pista di volo non consente di raggiungere, con voli diretti, i mercati emergenti che sono quelli più appetibili per il territorio del Nord Italia. I 2.990 metri dell’attuale pista consentono voli a pieno carico per destinazioni di medio raggio (Dubai, Baku ecc…), ma non per quelli più appetibili come Hong Kong, Shangai e Singapore, ecc. Un limite importante che rende Brescia meno competitivo rispetto a Malpensa.
4)- L’aeroporto di Brescia manca di una infrastruttura ancillare di natura logistica. Mancano magazzini, scaffalature con ETV ed attrezzature specialistiche per il settore Cargo. A Brescia si lavora ancora con spazi coperti in alcuni casi da tensostrutture provvisorie, ed i magazzini sono limitati e privi di meccanizzazione di qualsiasi genere. Non è presente il posto di controllo per merci di origine animale e mancano tanti altri “optionals” che caratterizzano un aeroporto cargo intercontinentale.
Sono questi i veri limiti dello scalo di Brescia, che spesso sono controbilanciati dalla bravura del personale presente in campo che sopperisce con la propria maestria, e preparazione, alle tante lacune presenti.
Non crediamo che con il nuovo Cargo manager le cose possano cambiare, se non aumentare i costi di gestione che andranno ad appesantire le perdite operative già importanti, e non sostenibili dello scalo.
Come al solito si è voluta fare un’operazione di facciata per giustificare la gestione fallimentare di SAVE sullo scalo di Brescia.
La situazione dello scalo di Brescia, che denunciamo da tempo, è sotto gli occhi di tutti. Lo scalo perde soldi da sempre (18 anni!), ed ha pesato in modo devastante sullo sviluppo complessivo della Catullo SpA, che si è vista surclassare da Venezia, da Bologna e da Bergamo, scali che all’inizio erano dei competitors comparabili, e ciò a danno di tutto il territorio. Purtroppo, le perdite non sono solo per i soci pubblici della Catullo, ma dello Stato che paga, per tener aperto un aeroporto il personale specializzato e dedicato come Vigili del Fuoco con mezzi antincendio, dogana, Guardia di Finanza, Polizia, ecc. Una vera vergogna che, speriamo, qualcuno possa risolvere.
L’ingresso del socio industriale serviva per rilanciare il Sistema del Garda con lo sviluppo degli aeroporti di Verona e Brescia. Di sviluppo ricordiamo solo gli annunci dei Presidenti Fracchia e Salz Mann e nient’altro. Adesso ci propongo come soluzione di Brescia la nomina di un Cargo manager per il rilancio ….
È come chiedere all’Iran di vincere i campionati del mondo di calcio in corso!
Purtroppo, tra le molte incognite, c’è anche quella di non comprendere il silenzio dei bresciani, prima arrabbiati e forsennati con Verona e i Catulliani ed ora ben silenziosi e prostrati davanti al doge.
Qualcuno me lo può spiegare?