Ho riflettuto, e ho deciso che ci sono almeno 12 motivi per cui voterò sì al referendum. Ho provato a elencarli.
1. Perché non ne posso più di un Paese che sa dire solo no. Siamo un popolo conservatore fino allo spasimo, che a parole chiede riforme ma che al dunque trova sempre modo di affossarle, perché in fondo è complice dello status quo. Dire no è sempre più facile, spesso anche più fico; abbiamo paura di sembrare ingenui o peggio entusiasti. Meglio tenerci il nostro cinismo e il nostro scetticismo, contro tutto e tutti. Così imparano, tiè.
2. Perché chi vota no, nella maggioranza dei casi, non sta votando contro una riforma costituzionale, ma contro Renzi. Privando così il Paese di un tentativo di riforma, pur di danneggiare politicamente il Governo. E ricordando così quel tale che se lo taglia per fare dispetto alla moglie.
3. Perché questa riforma non è (ovviamente) perfetta, ma è comunque qualcosa. Oltre alla trasformazione del Senato introduce anche nuovi meccanismi volti a snellire i lavori parlamentari. Si poteva fare meglio? Sicuramente. Ma da qualche parte si deve pur cominciare. Il meglio è nemico del bene, e l’alternativa è tenerci un sistema che già sappiamo non funzionare. I contrari, in caso di vittoria dei no, promettono riforme alternative, che sappiamo benissimo non si faranno mai.
4. Perché chi critica i compromessi che la riforma ha dovuto accogliere, dimentica che questi sono dovuti all’inevitabile e faticosa ricerca di un consenso parlamentare che andasse oltre la maggioranza. Com’era giusto che fosse, trattandosi di riforma costituzionale. La politica – si dovrebbe ricordare – è l’arte del possibile, e il compromesso ne fa parte integrante. Il paradosso è che coloro che hanno obbligato al compromesso adesso sono contro la riforma. Troppi compromessi, dicono.
5. Perché si fa intenzionalmente melina, confondendo la riforma costituzionale con la legge elettorale. Quest’ultima è stata già approvata ed è legge dello Stato, e non è oggetto di Referendum. Non è perfetta (a me non piacciono per esempio i capolista bloccati) ma è comunque mille volte meglio del Porcellum. È vero che rientra in un più ampio ragionamento sul l’equilibrio dei poteri, ma il rimetterla in discussione – e rendere le due cose indissolubili – mi sembra il classico modo per affossare tutto.
6. Perché l’obiezione che la riforma “sottrae rappresentatività al popolo” è stupida. Tanto varrebbe allora introdurre una terza camera, se abbiamo tutta quest’ansia di rappresentatività. Si fa finta di non sapere che esistono poteri eletti indirettamente, come sono ad esempio il Presidente della Repubblica e anche il Primo Ministro, eletti da rappresentanti eletti dal popolo. E come sarebbero (in parte) i nuovi Senatori. Si chiama democrazia indiretta, o rappresentativa. E non è niente di scandaloso.
7. Perché il bicameralismo perfetto si è rivelato largamente imperfetto. È stato concepito nel dopoguerra, dopo vent’anni di dittatura, come parte di un sistema che si cautelava dalla concentrazione dei poteri con una serie di contrappesi. Ma che al dunque si è rivelato lento e inefficiente, con leggi che veleggiavano per mesi fra una Camera e l’altra prima di arenarsi in un limbo dove restavano talvolta per anni. Proviamo a cambiare: la maggioranza parlamentare lavori, e legiferi. Se sbaglierà, sarà giudicata alle elezioni successive, e sostituita da un’altra maggioranza. E’ semplicemente democrazia. Chi parla di “golpe” e di “deriva autoritaria” non sa di cosa parla.
8. Perché è vero che la preoccupazione della stampa e dei mercati internazionali per l’instabilità politica (connessa a un eventuale no) non dovrebbe preoccuparci. Padroni in casa nostra, direbbe qualcuno. Ma oggi è tutto talmente interconnesso che lo stesso slogan usato in UK per la Brexit ha provocato quello che si sta rivelando un potenziale disastro, tanto che la maggioranza degli inglesi oggi voterebbe diversamente. Noi entreremmo in una fase di instabilità che il resto del mondo non capirebbe, con conseguenze imprevedibili. Facciamo tesoro, se non delle nostre esperienze, di quelle altrui.
9. Perché coloro che guidano oggi il no sono spesso in malafede, avendo (quasi tutti) votato sì a tutti i passaggi parlamentari. Solo adesso, per opportunità politica, ritiene di poter cavalcare il dissenso portando a casa qualche vantaggio. E dando vita a un fronte dell’opportunismo che va da Fassina a Brunetta, passando per Salvini e la Camusso, D’Alema e Bersani, Cuperlo e Marino. Guarda caso, tutti sconfitti rancorosi. Senza dimenticare i Grillini, professionisti consumati del no.
10. Perché siamo un popolo dalla memoria corta. Ci siamo dimenticati che sono trent’anni che parliamo di riformare questo bicameralismo perfetto, con autorevoli interventi di autorevoli giuristi. E almeno quindici che vomitiamo ogni volta che parliamo del Porcellum. Tutti indistintamente, di ogni schieramento politico, hanno chiesto di cambiarlo. Ma erano evidentemente solo parole. Words are cheap, dicono gli americani che di soldi se ne intendono.
11. Perché siamo un popolo dalla memoria cortissima. Ci siamo già dimenticati che solo 2 (due!) anni fa un Parlamento bloccato dai suoi veti incrociati ha scongiurato Napolitano di accettare un secondo mandato, e che questi ha accettato solo in cambio di un preciso impegno a fare le riforme tante volte promesse, e mai realizzate. Tutti hanno applaudito e promesso. E infatti, eccoci qua.
12. Perché la costituzione non è la Bibbia, e i padri costituenti avevano infatti previsto si potesse modificare, con le opportune garanzie (fra cui questo referendum). Le lamentazioni “la Costituzione non si tocca” in questo caso sono frasi vuote, ed espressioni di un populismo fuori luogo.
Ernestina Moscatelli